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Il Corso Allievi Ufficiali a Salerno

 

Come Dio volle, venne l'ordine di trasferimento a Salerno, perché frequentasse il Corso per Allievi Ufficiali. Mauro si congedò dagli amici e prese la ferrovia che per Thiene arrivava fino a Padova. Il viaggio sulla ferrovia di Tiene fu delizioso, in un paesaggio da favola, autunnale, dagli splendidi colori…. Dopo aver preso il treno per Roma, Mauro si accorse, nell'esaminare il foglio di viaggio, di un'annotazione importantissima: "Rientra in ritardo per disguido della segnalazione". Il corso, quindi, era già iniziato! Scese quindi a Roma, non trovò la madre a casa dello zio e proseguì per Potenza, dove si trattenne per ben 15 giorni! Mauro si recò al Liceo per ritirare la copia del Diploma di Licenza Liceale. Andò dal Preside, prof. L., il quale gli disse: "Ah, come passano gli anni!". Mauro rispose: "Purtroppo…". Il Preside, risentito e con aria supponente: "Cosa vi hanno insegnato a scuola?". Mauro non ebbe il coraggio di rispondere nulla. Ritirò il certificato e se ne andò. Anni dopo, da insegnante a Napoli, incontrò G. G., il quale disse a Mauro che a Napoli si trovava il prof. L., che avrebbe voluto vederlo. Naturalmente non ci andò. Il fratello Vittorio, preoccupato, si rivolse al Maresciallo B. che lo consigliò di farlo rientrare subito al reparto. La sera stessa Mauro partì per Salerno. Viaggiò tutta la notte e al mattino si presentò alla Scuola Allievi Ufficiali. Lo assegnarono alla compagnia. Gli allievi, quando Mauro arrivò, erano fuori, alle esercitazioni e in camerata non c'era nessuno. Non conoscendo i regolamenti, si sedette sul letto che gli era stato assegnato. Lo vide lì seduto un sergente e, urlando, segnò il suo nome su un taccuino, rivelandogli che per regolamento era proibito sedersi sui letti durante la giornata. Quando Mauro sentì gli allievi rientrare, si affacciò alla finestra. Tra urla frenetiche fu notata la sua presenza alla finestra. Il suo nome fu annotato per la seconda volta (per regolamento non ci si poteva affacciare alla finestra). Masi fu consegnato per 10 giorni (5 + 5). Cominciò così la sua carriera da allievo. Chiese del telefono, per avvertire i suoi familiari dell'arrivo. Esso si trovava di fronte alla caserma. Vi si recò camuffato da allievo, perché ancora non ne possedeva la divisa. Lo scopersero. Non sarebbe potuto uscire dalla caserma e quindi gli furono dati altri 5 giorni di consegna. Nel timore che si accorgessero del suo ritardo "volontario", diventò un allievo modello e quindi il beniamino del Capitano Q., Comandante di Compagnia. Il Corso andò avanti bene fino a quando un pignolo scoprì il trucchetto dei 15 giorni a casa. Evidentemente, però, fino ad allora chi era in alto era stato "disattento"; dunque, il trucchetto non ebbe conseguenze per Mauro.

Poichè il Capitano Q. aveva fatto domanda per andare in Russia, il Comandante di Compagnia cambiò. Era un Tenente incaricato del grado superiore, tal M., un imbecille. Costui prese a detestare tutti coloro che Q. aveva segnalato come allievi migliori. Mauro ed altri commilitoni furono perseguitati. A questo risposero con i mezzi che avevano: attuavano la disobbedienza civile. Dimostravano di essere inabili alla ginnastica. Furono quindi riuniti in un plotone a parte, quello dei "meno abili" e furono affidati a un altro cretino, che credeva di poterli comandare, tal P.. Si facevano portare dove volevano loro e ritornavano solo quando decidevano. Presero posto nel campo di Pontecagnano, sotto il muro di cinta, dove i venditori portavano loro i cibi, mentre P. faceva la guardia per vedere se arrivava il Comandante. Furono indette le gare delle Compagnie. In premio c'erano 36 ore di permesso. Le vinsero tutte i "meno abili". Al rientro, cominciarono le persecuzioni, con le consegne. Quando si stancarono di essere consegnati, pulirono alla perfezione la camerata. Il sergente di giornata che sorvegliava i consegnati, vide una ragnatela in un angolo remotissimo. Mauro reagì a parolacce. Il sergente allora scrisse un biglietto di punizione (che significava essere sottoposti a punizioni esemplari), ma fu costretto a ritirarlo, convinto dal Maresciallo G., dell'Ufficio Scuola, al quale Mauro aveva raccontato tutto (tra l'altro, si era fatto un sacco di risate). Giunse finalmente il giorno degli esami. Man mano che si avvicinava, suscitava in Mauro e nei suoi commilitoni irrequieti, qualche preoccupazione. Un loro amico, F., aveva compilato diligentemente un taccuino di appunti che condensava tutte le nozioni di cultura militare che avevano ignorato fino ad allora. Dopo un rapido scambio di opinioni con un collega, Mauro decise di trafugare il quadernetto e di usarlo per la preparazione all'esame. Ebbero anche la spudoratezza di chiederlo al povero F., il quale rispose che non lo ritrovava più. Qualche giorno prima degli esami, Mauro e compagni decisero di restituire il quaderno, dopo essersi impossessati del contenuto. Poi dissero a F.: "Hai visto bene? Sei sicuro di aver rovistato bene tra le tue carte?". In loro presenza, quindi, ritrovò il quaderno. Il giorno degli esami, finalmente alla resa dei conti, Mauro e i suoi amici risultarono idonei con 3 palle bianche (punteggio massimo); il povero F., invece, con 2 palle bianche e 1 nera. Diventarono quindi Tenenti.

Venne la sospirata licenza e ognuno raggiunse la propria famiglia. Per Mauro la licenza fu divisa in due periodi: uno a Potenza e uno a Lavello, da suo zio Francesco, per mangiare un po' di pane buono che in provincia non mancava e un po' di vivande che si conoscevano nella loro genuinità. Dedicò molto tempo alla pittura. Al ritorno da una delle sedute dal vero, Mauro incontrò il prof. T. T., il quale, per esprimere la sua gioia, lo invitò a partecipare, il giorno dopo, ad una sfilata nella quale "sarebbe stato bello vedere i reduci che si godono la licenza nella loro gloriosa divisa"… proprio quella di cui Mauro si era finalmente liberato e che dopo qualche giorno avrebbe dovuto di nuovo indossare. Finita la licenza, Mauro fu destinato a Sacile, al reparto Addestramento Reclute nel Battaglione comandato dal Capitano G. ( il "terribile G."), uomo di straordinaria severità, rigore e senso della disciplina militare. Mauro fu avvertito di non provocarlo, perché trattava gli ufficiali inferiori, suoi dipendenti, in maniera poco civile e violenta. Seguì dunque alla lettera i seguenti dettami del buon senso militare: "Mai dietro i muli, mai vicino ai superiori, mai davanti alle armi". Ritornò agli addestramenti sulle Alpi e vide con grande gioia, unita al rammarico di non poter dipingere, dei grandi paesaggi. La cassetta dei colori, purtroppo, doveva rimanere a casa (gli ufficiali infatti non dormivano in caserma). Dopo una marcia atroce, un giorno Mauro simulò di essere malato. Restò quindi a letto a dormire. Quando la padrona di casa gli annunziò l'arrivo del Maggiore M. (che era stato incaricato di verificare lo stato di salute di Mauro, visto che nel frattempo era arrivato l'ordine di partire per l'Albania) raccolse le energie (ben recuperate dopo la lunga dormita) e fece, proprio davanti al graduato, un colpo di tosse "da antologia". Questo Maggiore dirigeva i Servizi Sanitari ma non aveva mai esercitato la professione di medico! Dunque, dopo averlo consolato(non aveva capito che Mauro fingeva), gli diede 5 giorni di riposo che utilizzò per dipingere una serie di acquerelli (il soggetto era Sacile). Trascorsi i 5 giorni, si recò da Mauro il tenente Z., ufficiale medico, che, accorgendosi del suo perfetto stato di salute, lo chiamò "busgàtt, busgàtt" (lavativo, lavativo!). Mauro gli spiegò che avrebbe voluto riposarsi un solo giorno… Fu proprio il tenente a spiegargli che il Maggiore M. non aveva mai esercitato la professione di medico e quindi non aveva capito nulla delle vere condizioni di Mauro. Il giorno dopo partì per Mestre, stazione di smistamento. Previo pagamento di 50 lire era data la possibilità di uscire dal campo di partenza, dove si doveva rimanere finchè non partiva la tradotta (il che sarebbe avvenuto almeno dopo una decina di giorni). Mauro quindi decise di andare a Potenza. Era però senza il foglio di via e quindi fu costretto a viaggiare passando da un cesso all'altro, per sottrarsi ai controlli dei militari. Alla stazione prima di Salerno non si accorse che il Maggiore Comandante era lì di ronda e se lo trovò di fronte. Si mise sull'attenti e chiese: "Scusi, dov'è il suo collega?"(al quale lui subentrava nei controlli dei passeggeri). "E' di là!". E Mauro filò via, evitando per un soffio di essere colto in flagrante. Dopo 10 giorni ritornò a Mestre. I suoi documenti di viaggio erano dal Colonnello Comandante del Campo di Mestre. Uscì in divisa dall'albergo in cui alloggiava (la cameriera che lo aveva visto entrare in borghese e uscire in divisa, lo guardò con deferenza), diede 20 lire di mancia al piantone, il quale gli prese il suo foglio di via. Tornò quindi al campo, evitando così di essere denunciato come disertore militare. Rimase poi altri 3 giorni nell'albergo di Mestre, perché il Colonnello Comandante del Campo di Mestre aveva testualmente chiesto ai militari: "Avete interesse a partire?". Mauro no di certo.