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Un concerto di colori nel segno della vita - 2007

di Annalisa Venditti

 

C'è un pittore a Roma che ha ancora la voglia e l'entusiasmo di dirti una disarmante verità: "l'arte è una scintilla e te la porti dentro". Parole pronunciate con il sorriso, quello vero, di chi ha conosciuto giovanissimo i rigori della seconda guerra mondiale: la fame, la malattia, il freddo dei campi di concentramento. Ma nel suo sorriso c'è soprattutto l'amore che soltanto un'intera vita dedicata all'arte può darti.

Si chiama Mauro Masi, classe 1920, un lucano dal forte temperamento che ha fatto della sua casa nel quartiere di Torpignattara uno studio laboratorio sempre in fermento. Masi non ama il linguaggio complicato dei critici d'arte, gli intellettualismi inutili, le parole difficili e incomprensibili. Parla del significato dei segni, dell'importanza del disegno e della struttura in una composizione. Richiama l'attenzione sullo studio della luce. Non lo fa con arroganza, ma con la schiettezza di chi ama il vero, la misura, la riflessione sincera, l'analisi attenta dei particolari.

I quadri di Masi, a olio e acquerello, raccontano la sua vita, la personale interpretazione della forma e del colore, la volontà continua e incessante di sperimentare. E posseggono la magia che solo le tele di alcuni artisti hanno: quella di trascinarti dentro le loro composizioni, annullando lo spazio che divide chi guarda dall'opera stessa. Alcuni paesaggi sono realizzati sulla tela di sacco e il colore penetra all'interno, creando un particolare effetto materico, ogni volta irripetibile. Negli acquerelli colpiscono quelle piccole case che si intravedono sul fondo di montagne scolpite dal tempo. Tra gli alberi dalle fronde corpose è la vita dell'uomo, scandita dai ritmi lenti delle stagioni: la semina, la maturazione, il raccolto. Le figure, massiccie e squadrate, sono piene del carisma e dell'espressività del Sud. Così le sue contadine e i suoi contadini, calati in una natura dal carattere indomito come quella di certi paesaggi lucani, intonano un poetico inno alla terra.

Il riferimento alla musica non è casuale. Il ritmo che Masi impone alle sue composizioni ha affinità con l'andamento melodico. La tela è lo "spartito" del suo pentagramma in cui il colore dà la forma e la forma rimanda al concetto. Solo dopo averla osservata con attenzione ti accorgi che l'arte di Masi è un "sogno" illuminato dal sole e dagli straordinari colori della realtà.
Il pennello della sua tavolozza affonda generoso negli ocra dorati, nei marroni della terra, nel verde delle fronde che si tramuta nell'azzurro del cielo, o nel rosso che sormonta i tetti delle piccole case. La visione che offre a chi guarda è di un immediato movimento: che sia vento, agitarsi di vita, non è dato saperlo. Ritornano alla mente alcuni quadri di Chagall. Ma lì il sogno, meraviglioso e funambolico è dell'artista, qui il pittore, terreno e legato alla storia ancestrale della natura, invita chi guarda alla condivisione.

Così è in "Prometeo", opera realizzata da Masi per il decennale della fondazione dell'Università della Basilicata. "Mi sembrò naturale avere un punto di partenza centrale - spiega l'artista - e perciò catalizzatore. Mi accadde di trovarlo nella mitica figura del Prometeo, simbolo dell'aspirazione dell'uomo alla conoscenza, in modo che, da quel punto e intorno ad esso, ruotassero i simboli delle due diverse epoche oggetto della narrazione. Intendo riferirmi ai diversi episodi raffigurati: l'aratura, la messe, l'interno, i simboli delle stagioni con un punto centrale rappresentato dalla presenza del magico. Poi, con l'immagine del tempio greco, la processione, la mano dell'uomo, il fiore, la terra, quindi il passaggio al lavoro meccanico, alla costruzione della città ed i volti degli uomini del nuovo status. Dall'altro lato del pannello i simboli della scienza e, legati a questi, i camini dell'industria, i solchi delle autostrade e, tra i fumi, il nero uccellaccio che fa da contraltare alla bianca colomba che vola, simbolo di speranza".